I rapporti umani non sono facili e non sempre sono fonte di soddisfazione e di gioia come si vorrebbe, anzi, proprio dalle relazioni possono scaturire i conflitti più dolorosi. Eppure l’essere umano ha bisogno di relazioni, ha bisogno degli altri. Gli altri esercitano una grande influenza nella formazione della nostra personalità e sono in gran parte la fonte della nostra ispirazione. Anche per esperienza personale sappiamo come ciascuno di noi utilizza gli altri come cardini; noi ruotiamo intorno ai nostri nemici, non meno che intorno ai nostri amici. Aristotele diceva che “l’uomo è un animale sociale, non può esistere senza gli altri”, perde anche la cognizione di sé.
Ognuno di noi lotta per raggiungere la felicità ed ha bisogni, desideri e aspirazioni tra cui quella di amare ed essere amati. Perché allora così tanta conflittualità? Adler, allievo di Freud, sostiene che nell’ego (quello che chiamiamo “io”) degli individui esiste il bisogno irrefrenabile di ottenere la supremazia sugli altri, di conquistare una posizione di sicurezza e prestigio che non possa essere minacciata. È quindi sempre in uno stato di tensione e possibile conflitto. Questa personalità conflittuogena, Freud la definisce come “la somma dei contenuti psichici con i quali il soggetto si identifica”.
Ognuno di noi fa delle esperienze sulla base delle quali creiamo un’immagine inconscia di noi; questa immagine genera a sua volta delle convinzioni profonde attraverso le quali noi vedremo e agiremo nel mondo. Infatti la nostra visione delle cose non è oggettiva, ma il frutto della nostra esperienza e quindi della nostra personalità. Un bambino ad esempio che nei primi anni di vita abbia vissuto esperienze di solitudine e dolore vivrà da adulto le relazioni in modo diverso da uno che invece sia vissuto in un ambiente accogliente e rassicurante. Ne consegue che ognuno di noi fa scelte condizionate con comportamenti che pensiamo liberi ma che sono per la maggior parte dettati da spinte inconsce.
Alcune delle cause condizionanti che non permettono lo sviluppo di buone relazioni sono dovute ad esperienze negative che hanno generato ansia e dolore; a cattivi apprendimenti di comportamenti in famiglia; ad educazioni troppo rigide e non valorizzanti la persona; a convinzioni disfunzionali e pensieri irrazionali con occlusione a vedute molteplici. La persona può diventare aggressiva, invadente, totalmente accentrata su di sé, critica e giudicante; oppure passiva, eccessivamente accondiscendente e con atteggiamenti di chiusura.
Esistono due categorie di conflitti: i conflitti intrapersonali e i conflitti interpersonali. I primi, interni all’individuo, relativi alla persona con sé stessa, sono una delle cause più frequenti di malessere e generano in breve tempo conflitti interpersonali, e quindi nelle relazioni, anche perché, quando la persona sta male sviluppa la tendenza a proiettare sugli altri la causa del proprio malessere.
I problemi più difficili da risolvere sono proprio quelli con noi stessi perché spesso non sappiamo di averli in quanto creati da atteggiamenti quasi sempre inconsci. La loro origine è una frammentazione o una discordanza tra le varie funzioni della personalità. Quando c’è una discrasia tra l’immagine di noi che abbiamo introiettato e quella che vogliamo o dobbiamo far apparire all’esterno, emozioni, sentimenti, sensazioni, immaginazioni, volontà…non sono bene coordinate ed entrano in conflitto. L’esito è la nevrosi. È il caso di attaccamenti morbosi o di insicurezze e paure che si manifestano all’esterno con atteggiamenti autoritari oppure con manifestazioni di gelosia, invidia, rabbia o comportamenti maniacali.
I disturbi della personalità vivono di vantaggi collaterali: schemi rigidi e ritualità apparentemente sembrano consentire una certa sicurezza, ma è un inganno che il soggetto risolverà (di solito per l’intensa sofferenza) quando deciderà di affrontare la paura del cambiamento ed intraprenderà il viaggio verso la conoscenza di sé, della sua vera identità. Andare a scoprire e a modificare l’immagine dell’io porterà alla comprensione e al superamento di tendenze inconsce generatrici di tensioni e di errate compensazioni. L’immagine dell’Io stabilisce i limiti dell’individuo; se si modifica tale immagine variano di conseguenza anche le potenzialità e le capacità soggettive.
Liberamente tratto da “Io e gli altri nel gioco della vita” M. Ferrini