Cosa penserà? Cosa dirà? Che figura ci faccio? Piaccio? Siamo stati condizionati ad avere bisogno di approvazione fin dai primi anni di vita. Già da bambini abbiamo scoperto il potere che il giudizio positivo rappresenta per la nostra autostima, di come ci gratifichi e allontani da noi dolore e frustrazione. Il giudizio altrui si può trasformare così in un bisogno. Certo, sentirsi biasimare può far male ed è quindi facile essere portati ad agire in modo da farsi approvare, ma così facendo rendiamo le opinioni degli altri più importanti delle nostre. È Una trappola!…e diventa sempre più impegnativo soddisfare le aspettative altrui.
Il desiderio di approvazione non è di per se negativo, lo diventa quando è un’esigenza, quando se non raccogliamo consensi andiamo in stallo e ci sentiamo frustrati e infelici.
Alla base c’è la paura di non essere “riconociuti”, di essere emarginati e rifiutati ed è questo che può portare ad aderire senza discriminazione a tutte le condizioni che il gruppo impone, recitando parti che non sono nostre.
Può succedere che modifichiamo la nostra convinzione o quello che stavamo dicendo perché qualcuno mostra di disapprovare; può essere che aduliamo per essere accettati; oppure diventiamo incapaci di dire di no. Un’altra manifestazione di questo bisogno è scusarsi di continuo, oppure comportarsi da anticonformisti per attirare l’attenzione. Il risultato però è che ci sentiremo sempre più soli.
Entriamo in un circolo vizioso: più cerchiamo l’approvazione degli altri > più siamo mascherati > più ci sentiamo soli > più ci sentiamo insignificanti > più abbiamo paura del giudizio > più abbiamo bisogno dell’altrui approvazione…..e il circolo ricomincia.
Vivere in funzione della paura del giudizio altrui equivale a far morire la propria personalità che non può rivelarsi perché sottoposta a continui travestimenti. Inoltre diventa difficile, forse impossibile, entrare in contatto con noi stessi e con gli altri e capire di cosa abbiamo realmente bisogno. Diventiamo diffidenti, sempre sulle difensive, giudichiamo e ci giudichiamo. Alla base di questo infatti c’è sempre la presenza di un implacabile “giudice interiore” che confronta il nostro comportamento con modelli esterni di riferimento…e ci condanna!
Un’altra emozione che si può manifestare quando c’è l’esposizione di sé all’osservazione degli altri e la paura del fallimento, è la vergogna. Consiste nel timore di fallire nell’apparire agli altri per come si vorrebbe e di non essere in grado di presentare una buona immagine di sé secondo i propri parametri. Il mantenimento della vergogna è la paura del giudizio dell’altro. Paura e vergogna si auto-nutrono! Generano senso di inadeguatezza, la sensazione di avere qualcosa che non va, di non essere sufficientemente adeguati o degni di essere amati. Possono condurci verso stili di vita caratterizzati da attegiamenti di insicurezza, o al contrario compensati da falsa sicurezza; da timidezza e distacco dagli altri, o da eccessiva dedizione al lavoro.
Come uscire da questa gabbia? Innanzi tutto dobbiamo imparare a rilassarci e a gestire l’ansia. Dobbiamo considerare che anche volendo, non possiamo piacere e accontentare tutti; ci sarà sempre almeno un cinquanta per cento di persone che non sarà d’accordo con quanto diciamo o facciamo. Consapevoli di questo possiamo non avvilirci e non percepire il dissenso come un rifiuto di noi stessi.
Ci sono poi molte tecniche per imparare a gestire le critiche, una è di rispondere con frasi che incomincino con “tu”. Esempio: “tu ti stai arrabbiando e credi che io dovrei fare come dici tu”. Questo permette di non perdere di vista che la disapprovazione è affar suo, non nostro. Un altro modo può essere di rispondere semplicemente con un “grazie, ci penserò” che chiude ogni conflittualità. Inoltre, consiglio sempre di riflettere e di valutare se la persona che ci critica sta proiettando su di noi i suoi problemi (vedi articolo del blog sulle proiezioni).
Decidere di agire in armonia con noi stessi, riporta a noi la responsabilità delle nostre scelte e del modello di riferimento che vogliamo assumere, perché gli errori che possiamo fare, e la loro gravità, vengono determinati in base al sistema di credenze che possediamo e che potrebbero essere condizionate.