Quando siamo nella gioia, è come essere in cima alla montagna e guardare ogni cosa dall’alto; tutto ci sembra bello e giusto. Sorridiamo dentro di noi anche senza apparente motivo. Poi succede qualcosa, spesso nemmeno sappiamo cosa, un’emozione disturbante entra in noi e ci troviamo di nuovo ai piedi della montagna. Risalire può sembrare difficile, avvilente, ed è più facile lasciarsi andare allo sconforto, all’inerzia. Il lamento diventa quasi un coccolarci. È qui che le brutte abitudini si insinuano facilmente.
In questi momenti può essere essenziale ripercorrere velocemente indietro il fiume delle nostre emozioni per capire cosa si è insinuato in noi, tanto da farci precipitare.
A volte è stato un gesto, un pensiero, una frase, qualcosa che ha fatto leva su una nostra paura, o su un nostro bisogno trascurato.
Capirlo, riconoscerlo, è come accogliere tra le nostre braccia un bambino piangente che ha bisogno di essere ascoltato, consolato, guidato. Parlare con questo nostro bambino interiore cambia la vibrazione dei nostri pensieri: da “vittime” torniamo ad essere i “gestori” della situazione.
E cosa succede se non riusciamo a capire il motivo per cui siamo entrati nella tristezza?
Quando la casa brucia, la prima cosa da fare è fuggire fuori; le domande sul perché dell’incendio le faremo dopo. Può essere che ci attardiamo un poco e ci lasciamo andare a un pianto, ma poi dobbiamo uscire. Rimanere dentro non ci aiuta, non ci serve, e corriamo il rischio di non essere più capaci di uscire da soli.
Patanjali nei suoi Yoga Sutra scrive: “Un pensiero disturbante? Poniti nel suo contrario.” Significa che un’emozione forte può essere contrastata solo con un’emozione altrettanto forte e contraria; quindi cerchiamo di rievocare qualcosa di gioioso, spostiamo i nostri pensieri su qualche cosa di bello, di elevato; cantiamo, anche se non ne abbiamo voglia, finché sentiamo che il lamento è diventato un canto. La lettura di testi ispiranti, la meditazione o la contemplazione sono ottimi strumenti. Oppure andiamo a correre, stiamo in compagnia di persone positive, e in seguito parliamo con qualcuno che possa aiutarci.
In ogni caso, iniziamo da subito a ringraziare per ogni cosa che ci circonda. La gratitudine è l’antidoto per eccellenza della tristezza e della depressione. Non si può essere nella tristezza se siamo grati, e abbiamo sempre qualcosa per cui ringraziare. Anche se il problema che ci affligge è grande, ricordiamoci che è temporaneo e se lo trattiamo come un segnale, anch’esso è un veicolo per aiutarci a guadagnare nuovi e più alti livelli di comprensione, e quindi di felicità.
Il dono più grande che possiamo conquistare è la comprensione del chi siamo, del perché siamo qui e del dove dobbiamo arrivare. Questa è il mio parere.