Cos’è la realtà? È quella che sperimentiamo con i sensi o è qualcosa di più e di diverso? Dov’eravamo noi prima di nascere? Il fatto che noi possiamo vedere e toccare il nostro corpo è l’unico modo per affermare che noi esistiamo? O riusciamo ad accettare che con questi sensi noi possiamo fare esperienze limitate e che ci sia invece molto di più in noi, e intorno a noi, di ciò che percepiamo?
In questa frase della Bhagavad-Gita che propongo, è Krishna, la Persona Suprema, che parla ad Arjuna nell’imminenza di una grande battaglia. Quello che sta accadendo scuote il cuore e la mente di Arjuna che, in profonda crisi, non sa più cosa fare.
Krishna lo accompagnerà pian piano ad una comprensione sempre più alta e incomincia con il parlargli della nostra eternità: noi siamo sempre esistiti e sempre esisteremo.
Gli spiegherà che c’è una realtà per il corpo fisico, per il corpo emozionale, per la psiche, e che c’è il mondo spirituale.
L’anima è incarnata per un po’, poi quella struttura della materia che rappresenta l’incarnazione, si destruttura per poi ristrutturarsi in un altro corpo. Questa è l’organizzazione dell’universo. Ci sono tre componenti che interagiscono nell’essere umano: divinità, umanità e natura. C’è la sua matrice divina, c’è la sua umanità e c’è la natura, che è il suo corpo.
La nostra umanità è un dato temporaneo; solo per un po’ questa scintilla divina sarà uomo, o donna! Quindi noi, temporaneamente esseri umani, siamo anime spirituali in viaggio.
Alcuni fanno un pessimo viaggio, altri lo fanno ottimo, ma siamo tutti in viaggio…e compagni di viaggio!
Liberamente tratto dal seminario di Marco Ferrini “Bhagavad Gita – antropologia di una civiltà”