Ci sono persone che nella coppia sono così sottomesse e dipendenti che soffrono veramente molto e non riescono mai a permettersi momenti di sereno abbandono. E’ questo il caso in cui la relazione è centrata sulla dipendenza e non sull’amore e sul rispetto, tanto che spesso, il suo carattere distruttivo renderebbe auspicabile una separazione.
Di fronte alla paura della solitudine, del vuoto, sono sempre di più le persone che si rifugiano in relazioni strette ed esclusive (con partner o genitori o figli), che diventano la causa di sofferenza, autodistruzione, svalutazione di sé. E’ il fenomeno della dipendenza affettiva o della co-dipendenza. L’amore verso l’altro presenta diverse caratteristiche delle dipendenze in generale, ma sviluppandosi nei confronti di una persona, è più difficile da riconoscere e da contrastare.
Il concetto di dipendenza affettiva corrisponde a quella che potremmo definire una vera e propria disfunzione del sé in cui il “rapporto d’amore” è vissuto come condizione stessa della propria esistenza. Si parla di “dipendenza” affettiva proprio per sottolineare il fatto che il soggetto ha “bisogno” dell’altro come di una vera e propria “droga”. La dipendenza affettiva presenta infatti le seguenti caratteristiche: il soggetto dipendente tende a star bene solo quando è in presenza della persona amata e tende ad aumentare le “dosi” di presenza/vicinanza della persona amata.
Di solito uno gioca la parte della vittima e l’altro del persecutore. Insieme soffrono, non si rispettano e non si amano ma, anche quando è evidente che il rapporto non funziona, non si separano e non viene messo in atto nessun cambiamento perché questo fa paura.
La persona con questa dipendenza affettiva si mette al servizio dell’altra e rinuncia ai propri diritti e ai propri bisogni. Il dipendente proiettata l’illusione della risoluzione dei propri problemi (che spesso hanno origine nei “vuoti affettivi” dell’infanzia) sul partner, il quale assume il ruolo di “salvatore”; egli diventa lo scopo della sua esistenza, e la sua assenza anche temporanea darà la sensazione al soggetto di non esistere (DuPont, 1998).
Proprio per questi motivi spesso questo tipo di personalità dipendente si sceglie partner “problematici”, portatori a loro volta di altri tipi di dipendenza. Ciò giustifica il negare i propri bisogni perchè l’altro deve essere aiutato. Ma è un aiuto “malato” in cui si diventa “co-dipendenti”.
Le persone dipendenti affettivamente, pur di mantenere e non rischiare di perdere l’oggetto amato, sono disposti a sacrificare qualsiasi bisogno o desiderio personale fino al punto di annullare il proprio sé. L’importanza attribuita all’oggetto d’amore spinge il dipendente affettivo a preservare il rapporto “sentimentale” a tutti costi.
Queste persone vivono costantemente nell’ansia di poter perdere la persona amata, evento considerato insopportabile e inconciliabile con il proseguo della propria vita.
In questa relazione senza speranza, insoddisfacente, umiliante e spesso autodistruttiva si sviluppa una vera e propria sintomatologia come ansia generalizzata, depressione, insonnia, inappetenza, malinconia, idee ossessive. Di solito c’è mancanza di rispetto, progetti di vita diversi, se non opposti, bisogni e desideri che non possono essere condivisi, oltre ad essere poco presenti momenti di unione profonda e di soddisfazione reciproca. Chi è affetto da dipendenza affettiva non riesce a cogliere e a beneficiare dell’amore nella sua profondità ed intimità. “Non posso vivere senza di lui/lei” non è una dichiarazione d’amore ma un’autorizzazione a far dipendere la propria vita dall’altro.
Si può guarire da questa relazione distruttiva? Si, si può!
Il primo passo per uscire dalla dipendenza affettiva è diventarne consapevoli, ossia riconoscere che siete coinvolti in questo tipo di problema. E’ importante poi liberarsi dell’incubo che senza l’altro non potete vivere e che se vi comporterete bene lui/lei vi amerà. Andate fino in fondo a queste paure. Occorre sfidare ciò che si teme, altrimenti sarete sempre ricattabili. Per uscire da un amore soffocante dovete cominciare a credere nel vostro valore e recuperare la vostra autonomia. Non lottate per liberarvi dell’altro, ma ritrovate dentro di voi la gioia di vivere, e l’altro vi apparirà come un inutile fardello.
Cominciate con il rompere qualche schema, o comportamento abituale, per riappropriarvi della vostra libertà di agire, e iniziate ad uscire dall’isolamento nel quale sicuramente vi trovate.
Spostate l’attenzione dai bisogni dell’altro ai vostri. Anche piccole cose ma iniziate a prendervi cura di voi stessi. Questo è l’inizio della “guarigione”; la dipendenza è la conseguenza della nostra incapacità di amarci ed amare la vita che viviamo.
Avete il diritto a una vita migliore, serena e soddisfacente; se l’altro ha problemi, deve assumersi la responsabilità di risolverli; non è egoismo, al contrario, assumendovi le responsabilità dell’altro impedite la sua crescita.
Il percorso da fare è quello di riappropriarvi della vostra interezza. Almaas [1999] scrive che le persone cercano l’altro per compensare le proprie mancanze e questo causa molta infelicità. Dovete capire ciò che ritenete vi manchi e reintegrarlo in voi anche se questo può costare fatica. In ogni caso bisogna smettere di cercare di compensare le proprie mancanze attraverso l’altro perché questo porta al pericolo di entrare in distruttive simbiosi con il partner.
Un altro passo determinante è l’acquisizione del valore del rispetto, per voi stessi e per gli altri. Che decidiate di separarvi o di restare assieme, non scendete a compromessi, non imbrogliatevi. Rispettare se stessi e gli altri significa desiderare senza pretendere; significa esprimersi con dignità e fermezza impegnandosi a ristabilire i giusti confini che rispettino e garantiscano la liberta di ognuno; significa anche accettare di perdere l’altro; significa non perdersi per i bisogni dell’altro; significa accettare anche la solitudine.
Il cambiamento infatti chiede di rischiare proprio ciò che fa più paura, la solitudine, ma se imparerete a dialogare con le vostre emozioni, troverete il coraggio di manifestarvi per quello che siete, vi prenderete cura dei vostri bisogni e imparerete anche ad accettare ciò che ora temete.
Questi sono solo brevi spunti per riflettere, il tema è molto ampio e sicuramente ciò che ho scritto non è esaustivo; il mio consiglio è cercare uno psicoterapeuta, un counselor o un gruppo di sostegno; è meglio essere umili e chiedere l’aiuto di un professionista perché non sempre possiamo farcela da soli.
Alcuni contenuti sono stati liberamente tratti da: Franco Nanetti. “Gli itinerari dell’Amore e della Passione”.