In questo principio sta il segreto della nostra schiavitù o della nostra libertà. Ogniqualvolta ci identifichiamo con una debolezza, con un difetto, con un impulso, ci limitiamo e ci paralizziamo da soli.
Ad esempio, ogniqualvolta ammettiamo: “Io sono scoraggiato”, oppure “Io sono irritato”, diventiamo quell’emozione; siamo dominati dalla depressione o dall’ira. Abbiamo accettato quelle limitazioni; ci siamo messi noi stessi in catene. Se invece, nelle identiche condizioni, diciamo: “Un’onda di scoraggiamento tenta di invadermi”, o “un impulso d’ira tenta di travolgermi”, il rapporto è diverso; vi sono due forze l’una di fronte all’altra: da un lato il nostro io vigile e dall’altro lo scoraggiamento o l’ira. E l’io vigile non si lascia invadere o travolgere; può osservare obbiettivamenteed esaminare criticamente quei moti di scoraggiamento o di ira; ricercare l’origine, scorgere l’infondatezza, prevederne gli effetti dannosi, le conseguenze pericolose. Spesso basta questo per respingere l’attacco di quelle forze, per disperderle e vincere la battaglia.
Ma anche quando il nemico interno è momentaneamente il più forte, l’io vigile non è mai interamente vinto. Egli può perdere qualche battaglia, ma se non si arrende, la vittoria finale sarà sua. Infatti, oltre a respingere via via gli attacchi che vengono dall’inconscio, possiamo far qualcosa di più efficace e decisivo; combattere le cause profonde di quegli attacchi, tagliarne le radici.
Il percorso dovrà andare verso la disidentificazione delle “immagini dominanti” e poi verso l’uso e la direzione delle energie sprigionate.
Liberamente tratto da: Principi e metodi della psicosintesi terapeutica. – Roberto Assaggioli