Nel percorso di studi che ho fatto con il Centro Studi Bhaktivedanta, ho avuto modo di avvicinarmi a questo antico e sacro testo indu che trovo particolarmente affascinante e utile nel mio lavoro. Devo dire però che da sola non avrei capito molto del suo valore che invece mi è diventato evidente con il sapiente commento di Marco Ferrini in ben quattordici seminari. Riporto qui una breve presentazione.
La Bhagavad-gita è un’opera più complessa di quello che può immaginare un lettore a prima vista, perché ha diverse chiavi di entrata, diversi livelli di lettura, e quindi diversi livelli di comprensione.
C’è la comprensione letterale, metaforica, allegorica e poi c’è quella analogica (trascendente, spirituale).
Dobbiamo cercare di calarci in quei tempi ed essere in grado di capire cosa intendesse l’autore nel momento storico in cui avvengono i dialoghi, quali fossero i parametri per misurare il sociale, il religioso.
Sono passati quasi 52 secoli, il testo ha resistito agli attacchi del tempo e delle storie, degli innumerevoli cambiamenti di mode e di culture.
E’ passato attraverso innumerevoli fasi politiche di trasformazioni religiose, sociali, e ha continuato a interessare ricercatori di ogni razza e cultura fino ad oggi.
Ma cos’ha di così particolare la Bhagavad-gita?
E’ che la Bhagavad-gita non è un trattato astratto di teologia; è un testo per risolvere problemi esistenziali, problemi di tutti i tipi, e che ci aiuta in quel cammino di perfezione che prima o poi ogni essere umano desidera intraprendere.
La Bhagavad-gita ci richiama spesso al nostro scopo, alle nostre mete, a focalizzarci su ciò che è reale e ciò che invece non lo è.
Già questa distinzione, tra il reale e il non reale, è un insegnamento straordinario: ciò che per sua natura è limitato e ciò che invece rappresenta la nostra reale identità eterna.
La Bhagavad-gita come tante grandi opere è pervasa e ha per sfondo un clima drammatico; scelte terribili da compiere, difficilissime. L’uomo è posto di fronte a decisioni laceranti. Fare o non fare, in cui la scelta è gravida di conseguenze tragiche.
Il dialogo, perché di un dialogo si tratta, assume toni drammatici ma poi si addolcisce con nuove prospettive, con visioni del mondo, della vita e dell’amore che travalicano ogni stato condizionato.
La Bhagavad-gita parla di piacere e dolore, ma li contestualizza nella Realtà, questa è la differenza!
Mostra la vera sorgente del dolore, della sofferenza, dell’illusione, della paura, della collera, dell’astio, dell’invidia, così come mostra la sorgente della gioia, dell’affetto, della solidarietà, del coraggio, della fiducia, della speranza, delle fede ed infine della beatitudine.
Possiamo trovare altri testi che ci possono parlare di sentimenti ed emozioni o di azioni eroiche, ma la peculiarità della Bhagavad-gita è che tutto è contestualizzato nella Realtà a vari livelli fino al piano spirituale.
Noi, come esseri viventi, a vari livelli evolutivi, peregriniamo in questo mondo incontrando gioia e dolore. Tutti sanno che questa è un’esperienza ordinaria degli esseri umani, ma che cosa farne della gioia e del dolore, questo non lo sanno tutti. La Bhagavad-gita ha questa funzione, ma non solo questa, ce ne sono di più importanti; ci parla anche di speranza, che con la pratica diventa fede, Shradda, forte, salda, e che si rafforza in ogni circostanza, soprattutto quando ci sono ostacoli.
La Gita è una promessa! Si conclude con una strofa che dice “chi sta dalla parte di Krishna e di Arjune, là vi è piena moralità, vittoria e totale soddisfazione”.
Questo è lo scopo della Gita: mostrare da che parte stare in ogni circostanza.
La Bhagavad-gita è parte di un’opera molto più grande ed estesa; non la più estesa nella tradizione Indu, ma l’opera più estesa che il genere umano abbia mai prodotto: il Mahabharata, la grande storia dei Bharata, o Mahabharata appunto.
La Bhagavad-gita è all’interno del sesto libro, il Bhisma-parvan (significa libro di Bhisma) e si compone di 700 strofe (sloka).
La Bhagavad-gita inizia all’interno di un contesto che ha avuto un crescendo di intensità fino a raggiungere l’inevitabile. Stanno per scontrarsi due grandi eserciti che vedono schierarsi i più importanti monarchi del mondo. Ancora una volta è lo scontro tra demoni e angeli; tra il male e il bene.
Liberamente tratto dal seminario di Marco Ferrini “Bhagavad Gita – antropologia di una civiltà”